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DONATO MUSONE: UN OMAGGIO STORICO CULTURALE A GIUSEPPE CAPOBIANCO IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA LIBERAZIONE DEL 25 APRILE. I MARTIRI DIMENTICATI DI MARCIANISE DEL 1943

Giuseppe Capobianco

Questa iniziativa culturale nasce quando Raffaela Cecere mi segnalò l’esistenza di una pubblicazione di Giuseppe Capobianco, in cui era citato il nome di suo nonno Vito Cecere, trucidato dai Tedeschi. Successivamente mi recai da Giovanni, figlio dell’autore che mi fornì   la copia del volume dal titolo: “La Giustizia Negata, L’occupazione nazista in Terra di Lavoro dopo l’8 settembre 1943” di Giuseppe  Capobianco.  Nel leggere attentamente il volumetto, ho trovato importantissime notizie che riguardano  la storia civile della  città di Marcianise, colmando così dei vuoti  di rilevanza storica. In quanto l’autore ci informa che il 5  ottobre 1943, all’indomani della liberazione di Marcianise  <<…alcune migliaia di persone, in parte armate di fucili e pistole,-  scriveva il Tenente dei Carabinieri Antonio Naddeo –   nonché di bombe a mano tedesche, si sono riversate nelle arterie cittadine principali e sulla piazza Municipio esplodendo colpi di arma da fuoco in aria.

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ALL’ORIGINE DELLO SVILUPPO INDUSTRIALE DI MARCIANISE di Salvatore Delli Paoli

Il comparto industriale è quello che ha maggiormente inciso sulle trasformazioni economiche e sociali di Marcianise nell’arco degli ultimi cinquanta anni e non solo perché l’industria ha portato nuova occupazione, ma anche perché questo processo economico ha operato a livello di trasformazione di mentalità e di costume, oltre che esercitare un’influenza non secondaria sui ritmi di evoluzione generale della società marcianisana, che attraverso l’insediamento delle fabbriche, è entrata più decisamente nel circuito delle occasioni di sviluppo produttivo di area regionale o addirittura nazionale.

L’industria in pratica ha messo in moto un dinamismo interno alla società marcianisana fino a qual momento sostanzialmente statica, portandola verso processi di trasformazione, che nella sostanza hanno modificato i tradizionali parametri di riferimento fino a quel momento consolidati da una lunghissima plurisecolare tradizione.

Quello che, però, su di un piano sociologico, appare più significativo non è solo l’entità ragguardevole del fenomeno, quanto il fatto che esso si realizzi nel giro di pochi decenni con contraccolpi notevoli e di diversa natura (non tutti positivi) anche sugli altri settori, come pure sul tessuto comunitario cittadino.

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Franco Agrippa: Le città di Assisi e Marcianise unite dall’Ordine dei Francescani e da Raffaele Tartaglione

Se la storia della venuta dei Frati a Marcianise nel 1614 è in qualche modo nota, quella del medico Raffaele Tartaglione è sconosciuta ai più. Nato a Marcianise nel 1849 da Nicola e Angela Iuliano, fu per sei anni (1869 – 1875) medico condotto ad Assisi, per poi ritornare nella sua città natale come medico comunale e poi in servizio presso l’ospedale locale. A rinverdire la figura di Tartaglione è stato Donato Musone, responsabile dell’associazione «Risvegli Culturali» dopo aver ritrovato un opuscolo edito in occasione del trigesimo della morte del medico marcianisano (1907). Oltre il necrologio dell’allora direttore dell’ospedale, Michele Lener, nel libretto sono riportati gli articoli di giornale dell’epoca e le testimonianze di alcuni uomini illustri che lo avevano conosciuto, tra i quali due sindaci di Assisi, De Sevo e Fiumi. Musone, allora, dopo aver recuperato il documento e deciso a sua volta di voler pubblicarne la ristampa anastatica, in occasione di un suo pellegrinaggio ad Assisi con un gruppo di laici Amici di San Francesco e Chiara d’Assisi ha consegnato una copia del libretto al sindaco, Claudio Ricci, ed all’assessore alla cultura, Serena Morosi, i quali hanno apprezzato l’opera che ha fatto conoscere loro uno spaccato antico della loro città.

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Salvatore Delli Paoli: La celebrazione “NORD E SUD UNITI DALLA RESISTENZA” Milano e Marcianise nel segno del generale Malgeri, un eroe italiano: il messaggio di Pisapia

Vive nel ricordo di Alfredo Malgeri, l’indimenticato comandante della Guardia di Finanza che nella storica fotografia (pubblicata qui di fianco) si vede alla testa dei suoi uomini nella Milano del 25 aprile 1945, appena liberata dal giogo tedesco e dalla dittatura fascista, il rinnovato binomio Nord-Sud che pure, negli anni, ha subito non pochi attacchi della nostra storiografia. Un uomo del profondo Mezzogiorno che non ha esitato, nel cuore di una Milano ferita dal conflitto e di un Paese lacerato moralmente e materialmente, ad aprire una pagina di luce e speranza dopo i giorni bui della dittatura e della guerra. Come ebbe modo di scrivere Vittorio Foa, il 25 aprile fu “un’ondata irresistibile in tutto il Paese” e rappresentò “il momento dell’unità, il Sud e il Nord si ritrovarono uniti dopo storie tanto diverse. Era importante, non era distratto patriottismo, era un’esperienza reale”.

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