Risposte adeguate al quesito di chi è la colpa? Le ricostruiamo attraverso tasselli di notizie che delineano un panorama provvisorio dei poteri della borghesia agraria. Infatti, anche dopo l’Unità d’Italia, pur essendo mutato il clima politico, i Signorotti continuarono a usare metodi amministrativi contro il progresso delle comunità locali. A tal riguardo non a caso lo studioso Gaetano Andrisani nel suo opuscolo: Elpidio Jenco nella Poesia del ‘900, Rivista Capua – Centro d’Arte e di Cultura a pag. 10. scrive: … le tradizioni di una cultura nostrana facente capo a Federico Quercia, a Raffaele Musone, più tardi a Domenico Santoro….Queste figure, formano un filone di uomini che pur ricoprendo status sociali diversi hanno combattuto e si sono impegnati per il bene comune. Se oggi abbiamo ottenuto delle risposte nel ricostruire un periodo di storia civile, il merito va soprattutto a Giuseppe Ferraro, dipendente statale, ora più che ottantenne che ha vissuto tutte le vicende politiche amministrative della Città e oggi ne rimane una figura storica. Per conoscere il personaggio preferisco riportare le parole utilizzate da Alberto Marino “..Conosco Peppino Ferraro ed ho sempre ammirato in lui la disinteressata passione per la città. Non ha mia brigato per ottenere qualche incarico, o un personale vantaggio a compenso del suo interrotto impegno in politica e speso sempre nell’interesse della città”, cfr. Alberto Marino, Socialismo ed altro, anno 2004 pag.122. Il Ferraro con la donazione del carteggio sul processo a Domenico Santoro alla Biblioteca territoriale “Federico Quercia” di Risvegli Culturali, ha dato la possibilità di conoscere ulteriori notizie inedite. Non fu un fatto isolato, Santoro è una figura che si inserisce in un contesto epocale che inizia dal 1799 (Repubblica Napoletana), con l’albero della libertà di Tommaso Testa, i moti del 1848 e Unità d’Italia: Domenico Tammaro, Francesco Tartaglione, Giulio Gaglione, Michele Pajotta, Giuseppe Pajotta e figlio Angelo, Tommaso Amoroso di Lorenzo, Sacerdote D. Giuseppe Tartaro fu Saverio, Domenico Pajotta, Nicola Santoro del fu G. Battista, Ferdinando Santoro di Nicola, Gaetano Generoso fu Raffaele, Giuseppe Scatigna, Luigi Tartaglione, Camillo Tartaglione, Francesco Tartaglione, Giuseppe Musone ed altri manifestarono idee progressiste, quando mal venivano sopportati quegli uomini che, attraverso le loro idee e convinzioni, volevano che i figli del popolo si sollevassero a dignità. Fino a quando i tanti torti che subiva il popolo da alcuni amministratori indussero nel 1896 il sacerdote Raffaele Musone dettare alcuni orientamenti pedagogici per i Maestri. In una sua pubblicazione Le Conferenze Pedagogiche p. 42-43, denuncia con veemenza certi comportamenti illegali politico/amministrativo e scrive: Si lamentano in tanti paesi le soperchierie di certi tirannelli che nemmeno in questi tempi di riconosciuta civiltà la finiscono di affliggere l’umana famiglia. Si fa man bassa del popolo, lo si spreme nei frutti del proprio sudore, si commettono illegalità, si lascia dominare l’arbitrio del prepotente che affoga i sospiri con i compri suffragi e le aderenze su larga scala. Il popolo in tali condizioni tutto addossa al governo, e impreca i tempi presenti e fa invettive contro le Autorità politiche, le quali molte volte vivono al buio di queste iniquità. Ma fate voi la luce, educate i figli del popolo all’arma terribile ch’è la penna, a saper mettere in iscritto, a informare le alte Autorità, a invocare la giustizia, a pubblicare i torti e le offese, ad avere almeno queste soddisfazioni. Le anime oneste, informate a sentimenti di rettitudine, non mancano mai di chi tiene ai suoi fianchi la legge e la giustizia, ed un paese intero si vedrà redento dalla ferree catene di un Signorotto… Cfr. Salvatore Buonanno, L’Attualità del Pensiero Pedagogico di Raffaele Musone, 1999; E nel 1911 Alfonso Musone (1856 – 1929), nella pubblicazione, Provincializzazione di Terra di Lavoro, 1911 a p.58 e 59, analizza le cause principali della nostra miseria era quella che : .. Il locatario paga al proprietario un canone vistoso, che, mentre eleva il prezzo dei fondi ad un’altezza vertiginosa, nasconde piaghe profonde e miseria inenarrabile. Poiché per poter tenere fronte ai forti canoni di fitto, il misero contadino deve assoldare operai da pochi centesimi al giorno (una mercede irrisoria, e che sembra elemosina di fronte alle altre regioni. Cfr. Donato Musone Storia Civile di Marcianise Il Tempo della Canapa – Un Primato nazionale della Canapicoltura p.33. nota 46