FUGACI RIFLESSIONI SULLA FIGURA DI DOMENICO MUSONE

di Antonello Velardi.

Uomo di lettere, sensibile umanista, abilissimo latinista. Ma, soprattutto, punto di riferimento culturale in una realtà chiusa, dove la circolazione delle idee avveniva tra mille difficoltà.  Ecco Domenico Musone, così come appare attraverso un esame della sua at­tività, della sua produzione letteraria e, soprattutto, della sua fitta vita di rela­zione. 

Un personaggio che, pur non prediligendo ‑ per usare parametri di va­lutazione del nostro tempo ‑ alcuna forma di pubblicità, riusciva ad essere un punto fermo, a svettare in una città e in una provincia che, in qualche modo, erano tagliate fuori dai grandi circuiti culturali. Che era in grado ‑ tra i molte­plici ostacoli che è facile immaginare ‑ di intessere rapporti oltre Caserta, con le migliori intelligenze di quel periodo.

Domenico Musone apparteneva a quella categoria di personaggi schivi, di grande sensibilità culturale, in grado di lasciare, per così dire, una scia al suo passaggio. Unanimamente apprezzato, era ancorato alle sue salde radici catto­liche, ma non disdegnava di dialogare al di fuori degli schemi, di mostrare un’apertura mentale che allora sembrava sconosciuta. Un progressista, in unafamiglia dove si respirava aria nuova, al fianco dei fratelli Raffaele e Giuseppe, quest’ultimo giurista, primo sindaco all’indomani dell’unità d’Italia.

Punto di riferimento: ed è ciò che maggiormente colpisce. Il fatto che la sua abitazione a Marcianise fosse diventata una sorta di Ateneo, una palestra d’ingegno per le nuove generazioni è molto significativo. Le sue lezioni erano se­guitissime; gli stessi allievi mostrarono tutto il loro grande disappunto quando abbandonò la cattedra di latino nel Seminario di Capua, trasformato in un veroe proprio cenacolo grazie alla lungimiranza dell’allora Arcivescovo Francesco Serra di Cassano.

Uomo di cultura, di vasti interessi, pronto ad offrirsi agli altri. Un grande comunicatore, nel senso più nobile del termine. Tra i maggiori esponenti del­l’umanesimo casertano di quel periodo, insieme con Federico Quercia, con Gabriele Jannelli, con Alfonso Capecelatro ed altri.

Spetta certamente ai critici analizzare le sue opere, mettere in risalto la “no­vità” della sua produzione. E ciò è stato in parte già fatto. Qui, in questa sede, appare indispensabile sottolineare la centralità della figura culturale, evidenziarne la modernità e soprattutto cogliere  i “segnali” e i messaggi che la sua figura può trasmettere.

Un personaggio che riusciva ad elevarsi, in un periodo in cui la stessa Mar­cianise era in grado di esprimere le sue forze migliori, di monopolizzare in qualche verso la scena culturale della provincia. Se si vuole rendere un dove roso omaggio all’uomo di lettere e di cultura, non si può non sottolineare quest’aspetto e fare una sorta di parallelismo. È ancora più evidente, in altre parole, che si ha bisogno adesso di uomini come Domenico Musone, di cui è necessario ricordarne l’opera.

In un’età di forte degrado e di mancanza di veri modelli, che non investe purtroppo soltanto una comunità o una determinata area geografica, c’è una grande “voglia” di uomini moderni, illuminati. Terra di Lavoro deve  riacquistare un suo ruolo preminente, nei circuiti culturali regionali e nazionali. Lo ha perso adesso sembra abbia quasi del tutto rinunciato ad averlo.

Da Domenico Musone, da personaggi come Lui, devono arrivare gli stimoli affinché non si disperdano le grandi intelligenze che pure questa città di provincia può vantare e che non sempre vengono canalizzate nella giusta direzione. Esse vengono sottovalutate anche e soprattutto per la mancanza di una vera e propria “civitas ” e per una classe dirigente che ha abdicato al suo doveroso ruolo di impulso e di stimolo, sulla strada del progresso.

 Cfr.  Antonello Velardi, “Il contributo dei cattolici alla storia letteraria e umanistica nell’800 in Terra di Lavoro. L’Umanista Domenico Musone.” pp.41-43.