Nel 1759- Episodi di camorra durante la costruzione della Reggia di Caserta.

La cronaca  per la costruzione della Reggia (1) ci informa che  <<Già dal 1759 non poche denunzie anonime e qualche ricorso firmato annunciavano al Tanucci un mondo di ruberie, angarie e soprusi commessi dal capitano Sebastiano La Rosa a danno degli operai e degli schiavi di Caserta.  …………

La fornitura dei viveri delle ciurme che, come dicemmo, era data in appalto a un tal Ricci, fu  devoluta, dopo la morte di costui, a un tal Arcibella, assai meno coscienzioso del suo precedessore.  Da allora le cose cominciarono ad andar male; non tanto per colpa dell’Arbicella quanto per le mali arti del Capitano La Rosa, che, con poca gloria della sua divisa, assunse la negotiorum  gestio (….)

Fin qui forse poco male; il guaio fu che i viveri forniti dal La Rosa assentista non subivano altra ispezione se non quella del La Rocca fiscale; quindi si può immaginare quanta robaccia e con quanta cura ammannita fossero costretti a mangiare gli schiavi e i forzati casertani.  …… Ma che egli rubasse, e rubasse bene, è fuori questione. rubava sul vitto, rubava sulla scarpe e sul vestiario, rubava sulla paglia dei muli, rubava sull’accomodo delle strade, rubava perfino dove parrebbe che non ci fosse stato da rubare. Ossia, prelevava il tanto per cento sui guadagni degli osti che avevano istallate le loro taverne nel recinto della  reggia; e nonostante l’ordine del re che non fosse tolta ad alcuno <<la libertà di comprare a minuto intorno al real palazzo>> obbligava gli schiavi, i forzati e finanche gli operai a provvedersi da loro.   E guai a voler scuotere il duro giogo!

Uno schiavo per aver comprato un giorno alcune frutta da un venditore ambulante fu sottoposto al supplizio del “puntale” e il malcapitato venditore preso a pedate.  E tutta una serie di supplizi, escogitati da lui e da due suoi aiutanti, lo schiavo tripolitano Scialabi e il forzato Giuseppe Ceprano, erano inflitti a chi osava aprir bocca: dalla battitura con semplice corda a quella con corda tenuta per più ore nell’acqua, dalla fustigazione con corda di piccolo diametro a quella con corda grossa…. Fu quindi chiusa l’inchiesta e intimato al La Rosa l’arresto nel castello di capua. …..condannarono il capitano La Rosa alla perdita del cingolo militare, degli onori, degli ufficii, degli emolumenti e a cinque anni di presidio chiuso in Castelnuovo, con l’obbligo della restituzione delle somme defraudate. In quanto ai due suoi complici, Scialabi da Tripoli e Giuseppe Ceprano, l’uno fu condannato a cinque anni di carcere duro con numero doppio di catene, e l’altro, morto in carcere prima del giudizio, andò a scolparsi al cospetto di Dio.. >>

( 1)  cfr. Luigi Nicolini nel suo Volume “La Reggiadi Caserta (1750-1775 ) Ed. Giuseppe Laterza e figli 1911 Bari, pp.  91-94.  Cfr. Archivio di Stato Napoli, fascio 19-34.45, Siti reali, fascio 19; Pallante a Tanucci, Caserta, 19 nov. 1761. 

Forma ridotta a cura di Donato Musone.

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