Napoli, Donato Musone consegna il libro Storia Civile di Marcianise al prof.Giuseppe Galasso

Napoli,  4 aprile 2011, Castel Nuovo (Maschio Angioino), Sede della Società Napoletana di Storia Patria, in occasione della Prima riunione nazionale delle Deputazioni di Storia Patria, Donato Musone consegna il libro Storia Civile di Marcianise al Sindaco della Città di Napoli On.Jervolino, all’Assessore Regionale prof. Guido Trombetti, alla prof.ssa Renata de Lorenzo ed al prof.Giuseppe Galasso, uno dei più grandi storici italiani.

Giuseppe Galasso sulle pagine de “Il Mattino” il  17 marzo fa una riflessione sulle implicazioni attuali di quella che lui definisce disunità, nell’articolo Ma la disunità ci allontana dall’Europa. Galasso sviluppa il suo discorso in 8 punti principali:

1. I “vantaggi” dell’Unità:

Centocinquant’anni dopo, va detto che nell’unificazione italiana hanno guadagnato tutti. Per rendersene conto bisogna essere strabici, come io amo ripetere: intendo dire che bisogna guardare sia al rapporto tra il Nord e il Sud, sia al rapporto tra il Sud di prima e quello di dopo il 1861. Tra le due Italie, come le definiva Giustino Fortunato, il divario rivelato quasi fin da subito dai meridionalisti è rimasto costante […]. Ma tra il Sud del 2011 e quello del 1861 la distanza è enorme, specialmente se in confronto a quella tra il Sud del 1861 e il Sud di 150 anni prima.

2. L’Arretratezza del Sud la cui responsabilità non è attribuibile solo alle politiche del Nord:

L’intera cultura napoletana del Settecento e dell’Ottocento è una denuncia dell’arretratezza del Sud rispetto all’Europa e della necessità di porvi riparo. Da solo il Sud non ci riuscì fino al 1861. […] Inoltre, l’insistenza meridionale nell’attribuire solo e sempre ad altri i propri problemi non solo diventa, alla fine, patetica, ma scredita ulteriormente il Sud.

3. La classe dirigente meridionalista più arretrata rispetto a quella piemontese:

Nel Piemonte pre-unitario la classe dirigente […] si era già familiarizzata con la vita pubblica di un regime liberale moderno, ed era tutta stretta attorno al suo re e alle sue istituzioni. Al Sud non era così. […] Di un moderno regime di libertà non c’era, in verità, neppure l’ombra. Inoltre, una parte cospicua della classe dirigente del Sud era in esilio, molti proprio in Piemonte, e si trattava in molti casi di personaggi già integrati nella nascente classe dirigente italiana.

4. Debolezza dell’impero borbonico:

Durante tutto il Risorgimento si dimostrò che la debolezza del regime borbonico era superiore a quel che appariva e si pensava. Dunque, il crollo dello Stato in pochi mesi non fu dovuto solo a Garibaldi, ma anche e soprattutto alla sua interna, insicura, fragile consistenza […].

5. La pluralità del Risorgimento:

La grandezza del Risorgimento è stata di non essere l’opera di un unico demiurgo risolutore, ma un moto nazionale dalle molte voci e dalle molte teste.

6. Centralismo meridionale:

Nella discussione dei primi anni dell’unità tra federalisti, autonomisti e centralisti i partigiani più accesi del centralismo furono molto spesso i non piemontesi, specie quelli di origini meridionali […]. Costoro, nel centralismo videro […] una opportunità per una nuova modernizzazione.

7. La “conta dei morti” e il fenomeno del brigantaggio:

Il numero delle vittime è diventata una specie di asta al rialzo. […] Il brigantaggio era un fenomeno antico che gli stessi Borbone avevano dovuto combattere. […] Che fosse in parte una guerra dei poveri è una considerazione cui si può consentire solo in pochi casi, e che fosse una guerra d’indipendenza non si può consentire affatto.

8. L’unità non ha alternative:

[…] Tutti sanno che l’unità tuttora non ha alternative. Fu difficilissimo farla. Disfarla appare ancora, e molto, più difficile.

 

 


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