Santoro Giuseppe

Si laureò Medico nella fiorentissima Università Salernitana il 25 Luglio 1808, e si dedicò alle malattie mentali; fu Assistente nel Manicomio Reale di Aversa, dalla sua fondazione nel 1813, e nel 1825 si allontanò perchè destinato a fondare il Manicomio di Miano, istituito con Sovrana approvazione nell’Aprile di quell’anno.
Nel 1827 diede alle stampe un volume sulle malattie mentali intitolato Trattato sull’alienazione della mente umana, dedicato a Sua Real Maestà Francesco I Re delle due Sicilie (per la tipografia Chianese di Napoli). In questo pregevole trattato, il Santoro, dopo aver fatta la più accurata diagnosi dello spirito, messo in rapporto con l’organismo dell’uomo, dimostra che sono in errore coloro che vogliono trattare la pazzia con metodi brutali ed irragionevoli, anzicchè umani e razionali.
Al trattato fa seguito un’Appendice e Regolamento generale, come poter dirigere una casa di matti; in detta appendice è fissata l’opera degli assistenti e dei camerieri, il modo come disinfettare le stanze, l’ora dei bagni e delle medicine, il luogo ed il tempo delle passeggiate e dei divertimenti, come razionali mezzi di distrazione; quali debbono essere i cibi e le bevande per ciascun giorno della settimana e le diverse stagioni dell’anno, essendo egli dell’opinione che questi elementi hanno una grande influenza sullo spirito e sulla natura umana. Questo Appendice mostra le profonde e sagaci cognizioni, igienico-tecniche, che aveva il Santoro in materia.
Il Santoro fu soprattutto un appassionato cultore della sua scienza; di fronte ai discordi pareri ed ai controversi siste-
mi scientifici sul trattamento dei pazzi, egli, con assillante angoscia si diede all’investigazione, osservazione ed analisi di nuovi mezzi per la cura degli alienati.
E condannò i crudeli sistemi del ferro rovente applicato sulla nuca del collo, del letto di forza a reprimere il furore, e del bagno freddo di sorpresa sbadatamente somministrato nei casi di follia, per i quali l’infelice il più delle volte soccombe tra strazi impressionanti, per orientarsi verso nuovi criteri più umani e scientifici.
Fu così che con la nuova scuola i malati di mente furono trattati come uomini normali, attentamente vigilati ed osservati; si diede loro la possibilità di discutere col Direttore con i Medici ed assistenti, onde ricondurli il più che possibile al ragionamento, di consumare i pasti l’uno vicino all’altro, e di avere alcune necessarie libertà nell’ambito del sanatorio.
Il Santoro morì in Miano nel Giugno del 1866, lasciando il suo nome illustre legato a quella casa di salute, come quello che ne fu il fondatore e ne elevò con la sua ferrea volontà, la reputazione da farla ritenere in quei tempi una delle prime d’Italia.
Per onorare la sua memoria, il Comune di Miano dedicò al suo nome una delle principali vie.
Egli ebbe due fratelli: Tommaso, Canonico della nostra Collegiata, dotato di eletto ingegno e di squisito senso di amore del prossimo; Domenico, Segretario Capo al nostro Comune.
Fu prozio di Domenico Santoro, di cui mi occuperò in un capitolo a parte.

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