L’esperienza repubblicana del 1799 a Napoli e nel Meridione è stata variamente interpretata. La storiografia di stampo nazionalistico l’ha fortemente ridimensionata con giudizi come quello di Oriani, che addirittura identifica la Repubblica del ‘99 con” un melodramma…. recitato da una compagnia di poeti e scienziati”.
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Il grande Risorgimento italiano, evento fondamentale dal punto di vista politico, civile, culturale, economico della millenaria storia d’Italia, fondante della sua modernità e del suo rilievo nella storia mondiale tra fine Ottocento e Novecento, riconosciuto ed apprezzato in tutti i paesi del mondo (il Risorgimento è studiato in tantissime università straniere e si indaga ad es. l’influsso di Mazzini su Gandhi e sui risorgimenti nazionali e Garibaldi è onorato dappertutto) è figlio sia del Settecento riformatore, sia degli influssi culturali europei, sia delle rivoluzione americana e francese, sia dell’età napoleonica. Non è affatto un evento solo interno, nè è riconducibile al mito dell’espansionismo sabaudo. Esso si appoggiò sulla millenaria idea e realtà nazionale italiana, segnalata dalla lingua, dalla religione, dalla tradizione letteraria, artistica, musicale, da tradizioni e costumi sovralocalistici, sulle grandi conquiste dell’età comunale, dell’Umanesimo e del Rinascimento.
L’esperienza della Repubblica Partenopea fu molto breve, dal gennaio a giugno del 1799 : iniziata dopo la fuga di Ferdinando IV in Sicilia, rovino’, dopo appena cinque mesi dalla sua costituzione travolta dall’Esercito della Santa Fede, guidato, per conto dei Borboni, dal Cardinale F. Ruffo. Basto’ la scomparsa dei francesi, richiamati al Nord dall’arrivo degli austro-russi , perche’ tutto crollasse. Cio’ significa che la Repubblica, pur sostenuta dal fior fiore della borghesia e dell’aristocrazia illuminata, era intrinsecamente debolissima. E Vincenzo Cuoco nel suo “Saggio Storico sulla rivoluzione napoletana” con spregiudicatezza indico’ le ragioni di questo rapido crollo nel distacco tra i patrioti e le masse contadine e cittadine della stessa Napoli (i Lazzaroni). Tale distacco nasceva dall’ “astrattezza” delle idee e dall’estremismo dei Giacobini, che erano scollegati da un popolo completamente impreparato e colto di sorpresa e che avevano voluto imporre nel Mezzogiorno d’Italia leggi e programmi generati in un’altra terra e in un diverso contesto storico.
Nicola de Paulis , Avvocato), (1890-1971), Cultore di Storia Patria, ci informa (1) che “La Nostra Congregazione di Carita’ è oggi una delle più ricche d’Italia, col suo patrimonio valutato oltre 700.000.000 di lire, in contanti, territori e costruzioni edilizie.
Originariamente questa Pia Istituzione si limitava ad amministrare il patrimonio della Casa Santa dell’Annunziata, sorta nel X Secolo, epoca in cui fu costruita la prima Chiesa dedicata alla SS. Annunziata; alla Congregazione erano preposti 5 Governatori laici, ed alla Chiesa 24 Cappellani.
Nel XIII Secolo la prima Chiesa fu sostituita da altra più ampia, con annesso Ospedale; da quell’epoca l’Opera Pia cominciò a denominarsi anche «Casa Santa ed Ospedale» per lo sviluppo che già aveva assunta la beneficenza ospedaliera, la quale, insieme al culto della Chiesa, costituiva la principale finalità dell’Ente.
Volume nr.1 “Il contributo dei cattolici alla storia letterario-umanistica nell’800 in Terra di Lavoro: L’Umanista Domenico Musone”, Marino (Roma), pp.174. (a cura di Donato Musone )
Piccolo estratto:
– Relazione, Pei Municipi di Marcianise, Capodrise e San Marco Ev. contro il Duca di Bovino, Giovanni Battista Guevara Suardo, depositata presso la 3^Sezione della Corte di Appello di Napoli, Edizione di Gabriele Argento, Napoli 1872.
– Pubblicazione Per Signori Germani Duca di Bovino Gio.Battista e Canonichessa Mariantonia Guevara-Suardo contro i Comuni di Marcianise, Capodrise e S.Marco Evangelista in Terra di Lavoro, per la vagheggiata divisione del demanio ex feudale di Castellariolla, Dinanzi al Prefetto di Terra di Lavoro Commissario ripartitore, Napoli 1873.
Origine del Feudo: Alla Corte del secondo Carlo, l’Angioino, in su lo scorcio del XIII secolo, era Giletto Malbohe Valletto famigliare di lui; uomo che per sua fedeltà seppe ben meritare appresso quel Principe. La quale virtù gli valse a titolo di aver concesso in feudo nobile la Terra di Airola nelle pertinenze di Capua, con le prerogative maggiori che le condizione dei tempi sapevan permettere (doc. orig. Nr. 1). Da Giletto passò ad Egidio Malbhoe; e costui morto fu devoluto al Fisco. Erano nelle buone grazie di Re Roberto, della stessa razza, i due fratelli Ingerraimo e Riccario di Stella, il primo Arcivescovo di Capua e Cancelliere del Regno; tesoriere l’altro e famigliare di Corte: i quali germani meritarono verso il cominciare del secolo XIV secolo la investitura dello stesso Feudo, ma sino a che le loro vite durassero (Docum. Orig. Nr.2.)
In via preliminare devo ricordare che l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha il merito di aver richiamato alla memoria collettiva le vicende della Repubblica Partenopea del 1799, dei suoi protagonisti, continuando la sua azione di contribuire alla crescita della cultura nel nostro paese.
Eleonora Pimentel è certamente una protagonista di questa vicenda, che, se pure breve nel tempo, ha gettato le basi per una riflessione più ampia e per un’azione più largamente consapevole, funzionale alla unità della nostra Italia.
Di Eleonora si ricorda l’impegno politico e culturale, profuso nei mesi della Repubblica, fino alla morte, comune del resto a tanti intellettuali, che costituivano il prestigio in Europa della cultura napoletana. Non so se Napoli si sia ancora rimessa da allora.