Uomo di profonda cultura, Domenico Musone con i suoi scritti e la sua oratoria ha segnato in modo indelebile il tessuto ecclesiale e laico di Terra di Lavoro nella seconda metà dell’800. Nell’analizzare la figura si ha l’immediata impressione di trovarsi di fronte a una personalità di singolare rilievo e originalità, ricca di valore passionale e di genialità intuitiva. Dalla sua limpida e calma potenza ragionativa, deriva la chiarezza, l’armonia, la coscienza della sua missione civile e religiosa di letterato e umanista. Insieme alla genuinità e alla forza del sentimento che informano la sua parola, oltre che ad una profonda coscienza dei valori della storia, il Musone si mostra straordinariamente sensibile alla suggestione degli ambienti d’arte e delle memorie e di epoche passate.
Questa breve premessa ci è utile per introdurre una interessante ricostruzione sui luoghi e sui complessi monumentali toccati dal Musone nell’arco della sua vita, da lui stesso descritti in alcuni passi poeticamente più alti riportati nella “Carmina Latina” (pubblicata dopo la sua morte), nonché in alcune lettere inedite conservate al Museo Campano di Capua (1). Tale ricerca, impostata per “approcci cronologici “, pur non comprendendo in dettaglio tutti i luoghi che furono testimoni del suo retto sacerdozio e della sua fervida opera di Latinista, vuole essere un momento di riflessione e di approfondimento circa la sensibi‑ lità storica, artistica e letteraria del Musone.
Va sottolineato che ‑ in generale ‑ la contemplazione delle bellezze monumentali viene da lui espressa sempre con un profondo senso di compiacimento e partecipazione agli “spettacoli” che gli si presentano; l’attenzione è rivolta non solo al valore e al fascino dei vari complessi artistici, ma è percepita come uno straordinario insieme di testimonianze e vicende umane del passato. Come nel caso del “Colosseo”, la cui singolare bellezza lo ispira a scrivere, nel 1864. un elegante epigramma in lingua latina dal titolo “Colisseum, aliaque Romae Monumentia ” dove, appunto, viene affascinato dalla potenza espressa da quelle rovine, rese maggiormente eloquenti dalla particolare atmosfera che avvolge l’intero scenario.
Nell’antica città di Pompei, in visita da Bartolo Longo che all’epoca costruiva il “Tempio Nuovo” intorno ai ruderi romani, il Musone è attratto dalla solennità e dalla maestosità di quello spettacolo al punto da comporre un Carme in cui sottolinea che “… dove si adoravano due dei profani Anubis e Osiris si vede costruire un tempio, non più falsi sacerdoti, non più altari oracolari, ma si vede sorgere maestosa la costruzione del tempio al vero Dio, rifulgente di luce siderale, ove i sacerdoti insegneranno la sublime religione di Cristo “.
Con sensibilità acuta descrive il paesaggio di Casamicciola, nell’isola d’Ischia, dove soggiorna il fratello Raffaele per le cure dei bagni; si sofferma sulle acque che sgorgano spontanee dalle numerose sorgenti termali e, in particolare, su quelle appartenenti a uno dei due gruppi principali, detto del Gurgitello.
In occasione di un lungo viaggio nel 1876 che lo porta a visitare numerose città d’arte italiane, il Musone, con notevole vena narrativa, si intrattiene nella• descrizione degli spazi circostanti i vari monumenti incontrati, conferendo ad essi un’atmosfera particolarmente pregna di sacralità. Alla esaltazione della. stupenda architettura del complesso chiesastico presente in Assisi e, in particolare la “Porziuncola” in S. Maria degli Angeli, fa seguito un accenno sugli affreschi dei primi pittori dell’arte gotica e sulla preziosità delle sculture lignee e reliquie ivi presenti. Il soggiorno toscano offre al Musone lo spunto per sottolineare la leggiadria del panorama della “Città dei fiori” (Firenze) che domina tutta la valle dell’Arno, “… sublime incanto, ti spande l’anima alle più dolci emozioni… dove si vedono le cascine, che sono estasi per pochi fuori Firenze… dove la semplicità rustica si sposa colla coltura dell’orto… “.
Si sofferma, poi, sulla bellezzainterna e sulle forme gigantesche della Cattedrale di quella città evidenziandone, però, la poco luminosità e l’assenza di ornato; mentre per l’ “Annunziata” precisa che “… merita di vedersi per gli ornati, e per i quadri, e per un chiostro antistante pieno di mausolei, che è un’altra necropoli. . . “.
Gli echi del paesaggio veneziano — l’immensa e lontana distesa laguna, solcata da corsi d’acqua serpeggianti, le numerosissime gondole — accrescono la suggestione nella mente del Musone; a Venezia, infatti, egli rimane fortemente impressionato dal Ponte di Rialto, costruito ad una sola campata, tanto che in una sua lettera indirizzata al cognato, precisa che tale opera appariva come “da disegno adorne non poco quello che tu spesso mi hai vantato sul nostro Volturno nelle vicinanze di Triflisco”. Definisce la Basilica di S. Marco un “… testimonio solenne del valore, della fede, e della mente del popolo Veneto, declari fatti di antica gloria, perché è tale il destino delle umane vicende “.
Alla meraviglia dello scenario rappresentato dalle campagne lombarde, il Musone fa seguire un giudizio sul Duomo di Milano che egli ritiene non inferiore, per vastità, alla chiesa di S. Pietro in Roma; la quale ultima è superata anche “… per la facciata incantevole adorna di mille cupole che levano le loro punte al cielo “.
Un accenno particolare merita il soggiorno del Musone nell’Ospizio di S. Lucia, nelle vicinanze di Caserta, della durata di circa una settimana; a tale cenobio egli dedica uno scritto in cui ricorda che esso “… sorge sul Monte Tifata che porta il nome della Vergine Siracusana, la più famosa martire della terra… “.
L’infinito amore del Musone verso il paese natio, per l’appunto Marcianise, viene testimoniato dal fatto che “… nella bella stagione, quando tutto il paese diviene unico e pittoresco campo di lavoro, e tra i campi ‑ quei campi verdeggianti coltivati con amore e passione, ove prosperano la vite, dove i contadini col canto sulle labbra e nel cuore lavorano dalle prime luci dell’alba al tramonto inoltrato ‑ per stabilire quel legame invisibile che unisce tutte le più alte idealità”.
A conclusione di questo breve “excursus” sui luoghi d’arte e sui monto “cantati” dall’insigne umanista marcianisano, due restano i dati rivelatosi grandezza del Musone: la misura e la dignità. Immortale come latinista„ rimane uno splendido esempio di uomo saggio ed umile, vivente simbd uno spirito elevato.
(1) Recuperate grazie a Mons.Centore, ex Direttore del Museo Campano.
Cfr. il 1°Volume della collana Risvegli Cultuali: Il contributo dei cattolici alla stoira letteraria e umanistica nell’800 in Terra di Lavoro – L’Umanista Domenico Musone –“, 1994 pp.35-38.